Sono felice di inaugurare con questo articolo una nuova categoria e sezione del sito: l’intervista allo psicologo.

Lo psicologo è una figura professionale importantissima.
L’unica in grado di aiutarti con metodo e criterio al superamento del disagio che vivi.

Io stesso ho intrapreso un percorso di aiuto e supporto psicologico che è stato essenziale nel processo di ridimensionamento della mia gelosia.

Devi andare da uno psicologo, è importante.
Te lo consiglio davvero.
Anche se gran parte del lavoro spetta a te, lo psicologo è la guida giusta per venirne fuori!

Lo scopo delle interviste è aiutarti a capire:

  • come uno psicologo vede la tua gelosia retroattiva
  • perché un supporto clinico è molto importante
  • come uno psicologo può esserti di aiuto
  • quale figura è opportuno scegliere tra le tante specializzazioni sul mercato

Il primo professionista che ha scelto di essere di aiuto ai lettori di GelosiaRetroattiva.net è il Dott. Antonio Amatulli, psicologo che vive e lavora a Lucca.

Il Dott. Amatulli fornisce ai suoi clienti consulenze dal vivo e online, applicando il personale modello di intervento denominato Terapia Solution Building.
Ha pubblicato numerosi libri, alcuni rivolti all’ambito professionale altri ad un pubblico generalista.

Dott. Antonio Amatulli, psicologo

Gli ho girato un po’ di domande.
Lui non si è risparmiato e ha offerto risposte dettagliate, ricche di consigli e spunti di grande valore.

Partiamo!

La gelosia retroattiva è molto più diffusa di quello che si pensi (basta dare uno sguardo alle numerose richieste di aiuto sparse su forum e siti di psicologia per rendersene conto).
Quali credi siano le cause più preponderanti di tale disagio?

Ciao Ernesto, è un piacere e un onore poter rispondere alle tue domande e contribuire al tuo sito.
Spero che con le mie risposte possa arricchire il già tuo vasto sito informativo.
Allora, tu mi domandi “quali credo siano le cause più preponderanti tale disagio”, giusto?
Ecco la mia riflessione:

Solitamente nelle narrazioni di chi vive con la Sindrome di Rebecca possiamo trovare ansia, ossessioni, insicurezza o anche un senso di inferiorità verso il nuovo partner della ex.
Ma queste, a mio avviso, sono solo conseguenze di qualcos’altro che le precede:
la convinzione, più o meno inconscia, che “controllando” la propria ex, si possa ottenere un beneficio che, però, nei risultati concreti non si ottiene.

E’ quella che in gergo psicologico si chiama “tentata soluzione”, ovvero una strategia che mi fa credere di ottenere un risultato utile ma che poi, alla fine, mi si ritorce contro, intrappolandomi in una rete di ossessioni sempre più grande.

Se dovessi ricevere una persona accompagnato dalla Sindrome di Rebecca, tra le prime domande che gli porrei, potremmo trovare:

  • “Cosa è convinto di poter ottenere, controllando la sua ex?”
  • “Cosa ottiene, invece?”
  • “Ok, si immagini dopo aver passato tutto il giorno a controllare o a pensare alla sue ex, cosa non è riuscito a ottenere?”

Uno dei consigli che più spesso vengono dati a chi soffre di Sindrome di Rebecca è:
“rivolgiti ad uno psicologo”.
donna del passato
Perché e come un psicologo può aiutare chi è afflitto da gelosia retroattiva?

I motivi sono di due tipi:

il primo è che lo Psicologo è il professionista autorizzato dalla legge italiana per intervenire sulla salute psicologica. Come per le malattie del cuore ci si rivolge dal cardiologo, per il benessere psicologico ci si rivolge dallo Psicologo. Ti dirò di più, se altri tipi di professioni non operanti nell’ambito sanitario si dovessero occupare di Sindrome di Rebecca, credo che potrebbero sfociare nell’abuso professionale.

Il secondo è che lo Psicologo è preparato per intervenire e favorire il cambiamento psicologico. Quindi è in grado di applicare strumenti, tecniche, domande, atte al cambiamento psicologico. Per lavorare come Psicologi non solo dobbiamo laurearci, fare un tirocinio professionalizzante e superare un Esame di Stato, siamo obbligati alla formazione continua. Amo dire che ho studiato di più DOPO essermi laureato che prima!

Va specificata una cosa: il sapere psicologico è così vasto che non è detto che tutti gli psicologi sappiano operare su tutti gli ambiti della Psicologia: quindi quando cerchiamo uno Psicologo, dobbiamo sincerarci se il professionista si occupa di Sindromi di Rebecca e/o di tutte quelle esperienze che la persona sente di vivere (ansia, bassa autostima, insicurezza, ossessioni, etc.). Nel caso non se ne occupi potremo chiedere a lui un nominativo o continuare la ricerca.

Esattamente come esistono ortopedici specializzati solo in alcune parti del corpo (es. mano, piede, spalla, etc.), così Psicologi diversi sviluppano competenze in ambiti diversi.

Figure limitrofe che comunque operano in conformità con la legge a intervenire sempre sul benessere psicologico , sono:

  • il medico che ha preso una specializzazione quadriennale in psicoterapia (e che quindi ha fatto una formazione per acquisire competenze psicologiche)
  • lo psichiatra, che in quanto medico può aver preso anche lui la specializzazione in psicoterapia e che può intervenire somministrando farmaci. Bisogna capire, in questo caso, se i farmaci possono essere utili e in che misura per casi come quelli della Sindrome di Rebecca.

Quindi i motivi sono due: siamo autorizzati a farlo e siamo competenti nel farlo. Nella ricerca di un collega è utile sincerarsi che si occupi di Sindrome di Rebecca e/o situazioni affini.

Il mondo della psicologia è molto vasto e le sue discipline assai variegate.
Esistono numerosi tipi di figure professionali alle quali una persona potrebbe affidarsi: psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista…
lampadina
Esiste un approccio che secondo te aiuta ad affrontare al meglio il disagio della gelosia rivolta al passato?

Va fatto un preambolo: come dicevo prima, esiste una sola figura professionale a cui rivolgersi per il benessere Psicologico: LO PSICOLOGO. Il riferimento è l’art. 1 della legge 56/89. I termini da te utilizzati “psicoterapeuta, psicanalista” fanno comunque riferimento a specializzazioni dello Psicologo (o del medico, come accennato sopra).

Tecnicamente non esiste la figura dello psicoterapeuta, quanto esiste l’abilitazione alla psicoterapia (art. 3 della legge 56/89), che altro non è che una formazione in intervento psicologico che o lo Psicologo o il medico può acquisire frequentando una scuola quadriennale in psicoterapia. Quindi non è una figura a sé stante, quanto una possibilità formativa che lo Psicologo ha per apprendere gli strumenti della psicologia clinica.

La normativa italiana in merito allo Psicologo è leggermente complessa. Questo è dovuto a fatto che è una normativa giovane, nata da meno di 30 anni fa, prima era molto diversa. Ad esempio, prima la figura di riferimento ERA lo psicoterapeuta. Adesso non più.

A mio avviso, il cliente che cerca un professionista non deve basarsi solo sui titoli e le abilitazioni, ci sono ottimi colleghi a prescindere dai titoli ottenuti, ma in virtù di due criteri (a mio avviso) fondamentali:

  • Quanto i singoli professionisti individuati risuonino positivamente con le nostre corde, quanto ci trasmettono quello che andiamo cercando, quanto ci immaginiamo bene affrontando il problema con loro
  • Quanto nel loro curriculum si occupano specificatamente del nostro problema

Perché alla fine, anche se la scienza è una, la Psicologia è estremamente influenzata dalle caratteristiche individuali del singolo professionista.

E queste informazioni possono essere facilmente recuperate tramite una visita al sito internet del collega e con una telefonata informativa.

Un altro aspetto da prendere in considerazione è l’orientamento dello specifico collega, ovvero il metodo tramite cui il collega opera. Che faccia psicoterapia oppure no, quello che conta è l’orientamento.

Il mio metodo, la Terapia Solution Building, ha tra le sue radici l’orientamento Ericksoniano, ad esempio, così come il coaching. Erickson è stato uno tra i più grandi ipnoterapeuti del secolo scorso. Chi desidera confrontarsi con l’ipnosi, sa che con me trova questa metodologia.

Un altro orientamento è quello cognitivo comportamentale, un altro ancora è quello psicoanalitico, un altro è il gestaltico. Gli orientamenti sono molti e preferisco non addentrarmi nella loro specifica descrizione, perché non essendo orientamenti che applico quotidianamente rischierei di peccare di superficialità.

Quale orientamento è più utile in assoluto è una domanda a cui è difficile rispondere, perché molto dipende dalle preferenze del cliente e dalle caratteristiche intrinseche dello specifico professionista.

Quindi, al netto del medico specializzato in psicoterapia e dello psichiatra, la figura di riferimento è principalmente una: lo Psicologo.

Puoi parlarci del tuo metodo di lavoro?
Come affronti la risoluzione di un caso di GR?
In che modo aiuti il tuo paziente a stare meglio?

Certo che posso parlare del mio metodo di lavoro! Allora, come accennavo sopra, nel mio sistema di idee, la Sindrome di Rebecca racchiude in sé un tentativo di ottenere un qualcosa di UTILE tramite un certo tipo di azioni, emozioni e pensieri particolarmente dannosi. Questo qualcosa di UTILE io lo chiamo “Intenzione Positiva”.

SPECIFICHIAMO: il fatto che nel mio sistema di idee dietro alle ossessioni ci sia un’intenzione positiva, NON GIUSTIFICA i comportamenti dettati dalla sindrome, anzi: un conto è l’intenzione, un conto è il risultato che si ottiene.

Un esempio abbastanza lampante di questo meccanismo è il caso del genitore che, per motivare il figlio allo studio, così che possa prendere bei voti e garantirsi un buon lavoro (intenzione positiva) tutti i pomeriggi non fa altro che urlargli contro obbligandolo a studiare sotto la minaccia di venire punito. L’intenzione è sicuramente positiva, ma secondo te, come vivrà il bambino questo genere di comportamento? Si sentirà motivato a studiare, sentirà nel suo corpo l’affetto del genitore, o tutto il bene possibile sarà diluito nello stress di sentire le urla genitoriali? Molto probabilmente non si sentirà amato, si sentirà colpevole e vivrà malissimo quei momenti (Risultato).

Ovviamente a questo genitore non potremo semplicemente dirgli di smettere di urlare, perché per lui il futuro del figlio è ben più importante degli urli pomeridiani. Con il genitore dovremo trovare alternative all’urlo per motivare il figlio allo studio.

L’Intenzione Positiva quindi indirizza il mio successivo lavoro: tramite una serie di domande, assieme alla persona, andiamo a recuperare quella sincera intenzione positiva che era andata “dimenticata” e assieme troviamo alternative comportamentali per ottenere realmente i benefici che associamo a quell’intenzione positiva

Esplorare le intenzioni positive dietro ai sintomi di gelosia retroattiva e sviluppare alternative di scelta alle ossessioni, per quelle stesse intenzioni positive, i comportamenti dannosi si ridurranno drasticamente.

Quasi sempre la Sindrome di Rebecca ha carattere ossessivo: chi ne soffre finisce per indagare in modo paranoico nel passato del proprio partner, scatenandosi anche in domande e interrogatori senza fine che alla lunga logorano il rapporto. Inoltre il geloso retroattivo – specie se uomo – è dotato di una spiccata fantasia che lo porta ad immaginare, senza controllo, scene del vissuto sentimentale e sessuale della persona che ama.
disperazione

Cosa è giusto fare nei momenti di disperazione per placare questi comportamenti?

Non sono un fan delle soluzioni vere per tutti, quindi mi trovo in difficoltà a suggerire azioni per placare questi comportamenti. Comunque, ci provo: cosa fare?

Intanto chiederei a ognuno di voi, cosa, in passato, vi è stato più utile fare e capire per recuperare uno stato di benessere: ascoltare musica? Guardare la tv? Chiamare un amico?

Inoltre io suggerirei di giocare “in anticipo”: in primis suggerirei di andare a indagare quelle che, nella Terapia Centrata sulla Soluzione, si chiamano “eccezioni”, ovvero tutte quelle volte dove il problema NON si è presentato e capire cosa ha permesso la sua assenza. Anche capire cosa è accaduto quando il problema è andato via o è diminuito di intensità può essere molto utile. Poi applicare sempre di più questi fattori.

In seconda battuta, suggerirei strumenti di benessere come la meditazione o l’autoipnosi. Ma per poter applicare queste soluzioni, ci vuole un allenamento pregresso: è difficile riuscire a meditare in preda all’agitazione se non l’abbiamo mai fatto prima, ma può essere molto più facile se siamo abituali della meditazione (o dell’autoipnosi). Praticare questo tipo di abitudini dovrebbe addirittura diminuire la frequenza della sindrome, perché andiamo ad aumentare la nostra capacità di gestione della gelosia. Non ho dati certi sulla specifica gelosia retroattiva, quanto sui risultati della meditazione e dell’autoipnosi a 360 gradi.

Va detto che questo è il mio punto di vista, poi andrebbe chiesto ai singoli individui di testare queste soluzioni e vedere che benefici ne hanno.

Avrai incontrato nella tua carriera casi di gelosia retroattiva.
Che differenze hai notato tra uomini e donne?

Nella mia piccola esperienza con la gelosia, più o meno retroattiva non ho notato grandissime differenze, se non quelle già da te individuate. Va detto che io mi concentro molto poco sulla dimensione problematica, quanto di più su quello che la persona ha bisogno per star bene. E solitamente, tutti, cercano tranquillità e pace.

mano nella mano

È davvero possibile sbarazzarsi definitivamente dei fantasmi del passato e vivere una vita serena con la persona che si ama?
Quanto tempo occorre?

Ernesto, nella mia vita da professionista ho assistito e contribuito a meravigliosi cambiamenti e incredibili guarigioni. Non solo, i testi sono ricchi di casi “apparentemente impossibili” che poi hanno trovato soluzione. Le capacità della mente, mi permetto di dire, sono infinite e meravigliose. Come la mente ci “ammala”, così la mente ci “guarisce”. Quindi sì, ci si può sbarazzare dei fantasmi del passato. Magari bisogna trovare il collega giusto, con il giusto sistema di intervento, ma possiamo tornare a essere liberi.

Per quanto riguarda il tempo, dipende dal metodo e dalla situazione specifica. Terapie psicanalitiche tendono a essere molto lunghe, quelle ipnotiche molto meno. Ma il tutto si incastra sul come il professionista opera e sulla situazione specifica che incontriamo.

Infine, un’ultima osservazione: nel mio sistema di idee, la Sindrome di Rebecca non è né una malattia né un difetto che chi la viva ha. E’ il risultato di una soluzione che in principio si è – probabilmente – mostrata utile, ma che poi si è dimostrata particolarmente dannosa. Il fatto che possa essere particolarmente gravosa e totalizzante non significa che sia anche difficile da affrontare. Ci vuole solo la chiave adatta a quella specifica persona.

Psicologo vs Sindrome di Rebecca: 7 domande al Dott. Antonio Amatulli [intervista #1]